PESARO Morta dopo una complicanza post intervento chirurgico, maxi risarcimento da 1,5 milioni già incassato dai parenti della vittima. Ieri la prima udienza per il processo che vede il direttore di Neurochirurgia di Marche Nord Letterio Morabito a giudizio per omicidio colposo. Il caso riguarda la morte nel 2013 della paziente Nadia Bolletta, 38enne di Cingoli, moglie e madre di una bambina che fu operata al trigemino. Secondo l’accusa rappresentata dal pm Narbone l’intervento era controindicato per i rischi connessi a una patologia neurodegenerativa, la Mngie (Encefalomiopatia neurogastrointestinale mitocondriale) di cui la donna soffriva. Dopo l’intervento era sopravvenuta una complicanza, la donna è morta per ipertensione endocranica, come stabilito dall’autopsia. In pratica la pressione all’interno del cervello sarebbe cresciuta fino a farla entrare in coma. L’esame autoptico non chiarì se ci furono responsabilità dei medici. Da quel momento l’interesse dei familiari era quello di capire se Nadia potesse essere operata anche e soprattutto in relazione alla malattia degenerativa di cui soffriva. Sospettando che ci fosse stata negligenza da parte dello staff medico, avevano denunciato tutto alla procura della repubblica. Per consentire la presenza di consulenti di parte all’autopsia, fu aperto un fascicolo a carico della dirigenza medica per omicidio colposo. L’avvocato Gennaro Esibizione del Foro di Perugia, specializzato nel ramo della responsabilità medico sanitaria, assiste i parenti della vittima. «Le parti civili, nelle persone del coniuge di Nadia, della figlia minore, dei fratelli e dei genitori, hanno revocato la loro costituzione nel processo, in quanto sono stati integralmente risarciti dall’Azienda Ospedaliera Ospedali Riunti Marche Nord – spiega Esibizione pertanto resta solo la possibilità che i famigliari di Nadia siano sentiti, quali testi nella loro qualità di persone offese. Il risarcimento milionario non potrà comunque mai ristorare la perdita da questi subita. Ma abbiamo dato voce al dolore incolmabile dei famigliari di Nadia Nicoletta Bolletta. Parliamo di un gravissimo danno sofferto da tutti i famigliari della vittima». La difesa, rappresentata dagli avvocati Paolo Biancofiore e Roberto Brunelli, aveva chiesto il non luogo a procedere sostenendo che non ci fosse alcuna controindicazione all’intervento per la pregressa Mngie. La donna soffriva di una grave nevralgia del trigemino che le rendeva la vita impossibile perché i potenti analgesici che con il tempo aveva assunto non facevano più effetto. Secondo la difesa, l’intervento consisteva nel distacco fisico di una vena che premeva sul trigemino con un’azione meccanica provocando il forte dolore. «Le numerose perizie medico legali – chiude Esibizione come si legge dagli atti di causa “aveva messo in atto un intervento sulle cui indicazioni esistono perplessità in rapporto ai rischi e per aver proceduto, in sede di intervento di microdecompressione vascolare del trigemino, alla sezione della vena Dandy, non avendo proceduto alla separazione della vena dal nervo». Il processo è stato aggiornato.
Luigi Benelli
Corriere Adriatico - 11 aprile 2018